TFF OFF 2017 VII edizione / Recensione

Les affamés

Les affamés

Robin Aubert

96′

Canada, 2017

After hours

Negli ultimi anni i film europei dedicati agli zombie, o agli infetti in generale, hanno saputo ridare vigore al genere, reinterpretandolo al di fuori del filone americano che da molto tempo non ha più nulla da dire. Non è purtroppo il caso di questo film.

Lo stile della pellicola è classico, fin troppo, scadendo spesso nel banale agli occhi di uno spettatore avvezzo al genere.

Il film ha senza dubbio degli aspetti positivi ma -tralasciando la poca chiarezza sul modo con il quale il contagio si diffonde, che, nonostante sia un particolare di importanza secondaria, denota poca cura nei particolari- ciò in cui pecca in maniera evidente è la monodimensionalità, la piattezza di caratterizzazione dei sopravvissuti.

Il concetto alla base degli zombie movies come questo sta nel fatto che il mostro non è altro che uno strumento per permettere alla vera natura dell’animo umano di emergere in situazioni di vita o di morte. In sintesi: il vero mostro in un film di zombie è spesso l’uomo.In questo film invece i protagonisti sono semplicemente un’accozzaglia di stereotipi: l’eroe, la ragazza che trova del buono in tutto, la dura, il ragazzino costretto a diventare uomo prima del tempo, ecc… Gli infetti vengono effettivamente messi in secondo piano, ma ciò non è sufficiente a sviscerare la psicologia dei personaggi.

La scelta di raccontare le vicende di alcuni gruppi divisi le cui sorti si andranno alla fine ad intrecciare contribuisce sicuramente a dare dinamismo alla narrazione, ma ciò che colpisce senza dubbio negativamente è la quasi totale assenza di conflitti tra i personaggi. Ci troviamo ormai in una situazione in cui l’apocalisse zombie è quasi alla fine e i caratteri dei personaggi sono determinati fin dall’inizio, senza spazio per uno sviluppo nel corso della storia.

La pellicola presenta una narrazione che si preoccupa soltanto di portare il gruppo da un punto A ad un punto B, decimandolo durante il processo senza particolari colpi di scena e nel modo più scontato possibile. La trama non contiene messaggi evidenti. Le cataste di cianfrusaglie costruite dagli zombie potrebbero stare a significare come l’uomo non abbia in realtà bisogno di tutto ciò per vivere, ma questo messaggio non viene fatto trapelare in alcun modo durante la storia.

Un altro grosso punto a sfavore di questo film, forse il più fastidioso, è sicuramente l’eccessiva presenza di jump scares. Durante tutta la visione lo spettatore finisce troppo spesso preda di questo metodo pigro di suscitare paura e ciò abbassa notevolmente la qualità del film, in quanto, al contrario, in molte scene la tensione è inizialmente ben costruita. Centrale nella creazione di tensione è la location della foresta, utilizzata ottimamente sia per incutere un senso di angoscia dovuto all’ignoto celato dall’ombra, sia in scene che presentano una profondità di campo di forte impatto, il tutto accentuato anche dalla presenza di lunghi silenzi che accrescono la sensazione di ansia generale. Lo scossone improvviso tuttavia, come accennato prima, fa saltare lo spettatore sulla poltrona e vanifica la costruzione di tensione, ma in ultima analisi non lascia il segno: le tecniche orrorifiche in questo senso rispecchiano la piatta e fallimentare caratterizzaizone dei personaggi.

Luca Dell’Omarino