MONDO ALTERATO / IRENE BERTANA / BRUXELLES

Irene Bertana / Bruxelles / Aprile 2020

Irene Bertana vive a Bruxelles

In Belgio il coronavirus ha dato una certa scossa alla vita politica, dando un motivo di unione alle forze politiche e un governo al paese. Le divisioni persistono, sullo sfondo di un lock-down dai toni pacati, che incoraggia lo sport, autorizza incontri a due e non osa chiudere i chioschi che vendono patatine. In Belgio abbiamo anche il primo gatto positivo al Covid e italiani che protestano per le misure tardive e che si organizzano su facebook, dando il  loro (piccolo) contributo – o almeno così mi piace pensare – a smuovere la situazione.

Il Belgio, oltre che per le patatine fritte, la birra e il cioccolato è anche noto per la complicatezza del suo sistema culturale, linguistico e politico, caratterizzato da molte regole difficili da comprendere e antipatia reciproca tra le parti. Anche a causa di questo, il Belgio all’arrivo del coronavirus non aveva un governo, e non era la prima volta, visto che nel 2011 era entrato nel Guinnes dei Primati grazie a ben 541 giorni senza un esecutivo. Ebbene, tanto per cominciare, il coronavirus, ha dato un governo a questo paese.

Per chi non lo sapesse, in Belgio convivono tre comunità linguistiche, ma soprattutto due. Al nord quella fiamminga, che rappresenta circa il 57% della popolazione e ha molti punti in comune tra cui lingua e storia, con la vicina Olanda. Il fiammingo classico è benestante, lavora sodo e non ama molto il resto del paese. La cultura politica fiamminga predominante è liberale, ma negli anni, alcuni partiti indipendentisti di destra (N-Va e Vlaamsbelang) hanno cavalcato l’onda e raccolto sempre più consensi. In valloni, francofoni vivono a sud, e sono circa il 33% della popolazione. La regione è caratterizzata dalla presenza di carbone che ha portato un forte sviluppo economico a partire dalla rivoluzione industriale, con conseguente migrazione dal Sud dell’Europa e in particolare dall’Italia, e una certa difficoltà economica a partire dalla crisi del settore siderurgico. La Vallonia segue per molti versi il modello francese ed ha una forte componente socialista. Oltre a ciò, al confine con la Germania c’è qualche sparuto germanofono, ma non se ne sente parlare un granché. Da un punto di vista amministrativo abbiamo però tre regioni che non corrispondono alle comunità linguistiche: le Fiandre, la Vallonia e la Regione di Bruxelles, bilingue.

Aggiungiamo a tutto questo un re, Filippo, e un livello di governo federale e abbiamo un discreto quadro della situazione: sette livelli governativi, con competenze diverse e complementari, che parlano lingue diverse e sono spesso in disaccordo tra loro.

All’arrivo di COVID-19 il paese si trovava senza maggiornanza di governo dal dicembre 2018, quando, il famigerato N-Va aveva messo fine alla coalizione liberale. Le elezioni di Maggio 2019, avevano se possibile peggiorato le cose, segnando un grande risultato di entrambi i partiti nazionalisti fiamminghi, incompatibili con la maggioranza socialista vallona. Dal 28 Ottobre le redini del paese sono passate in mano a Sophie Wilmès, prima donna premier, alla guida di una formazione di centrodestra priva però della maggioranza in Parlamento. Sebbene a causa del complicato assetto istitutizionale la struttura belga può gestire l’ordinaria amministrazione anche senza maggiornaza parlamentare, l’emergenza sanitaria ha dimostrato la necessità di decidere e in fretta. Quindi, seguito di un processo non scevro di tensioni e contrasti, il 17 Marzo il governo Wilmès ha prestato giuramento di fronte al re per un periodo di sei mesi ed è sostenuto da partiti di tutto lo spettro politico, salvo l’estrema destra e l’estrema sinistra.

Lock-down umano. Un’altra caratteristica del Belgio è la pacatezza, ed in effetti qui non c’è stato un grande allarmismo di fronte alla pandemia. L’approccio di Wilmès e del Consiglio di Sicurezza Nazionale è in linea con un attitudine di rispetto delle libertà individuali che caratterizza il paese, dove per esempio il matrimonio gay è possibile da oltre vent’anni e l’eutanasia è legale. Quindi anche il distanziamento sociale è stato applicato in modo graduale, facendo affidamento nel senso civico degli abitanti e tentando di rispettare le loro necessità.

Una lentezza iniziale dell’azione governativa (mentre in Italia era già in vigore il lock-down, il Belgio si limitava a vietare gli assembramenti di oltre 1000 persone) che ha suscitato un certo panico nella comunità italiana, fortemente presente anche nella capitale e in stretto contatto con un paese alle prese con la peggiore emergenza sanitaria dalla seconda guerra mondiale. Mi piace pensare che l’indignazione italiana, soprattutto a Bruxelles, abbia aiutato a smuovere le cose, perché nei giorni precedenti alla chiusura di scuole e ristoranti, quando ancora non si parlava di lockdown, c’era chi si interrogava pubblicamente sulla lungimiranza delle misure, e chi lanciava petizioni per la chiusura delle scuole. Finché un nuovo decreto ha annunciato chiusura di scuole e ristoranti.

Questa situazione ci ha confermato che tutto il mondo è paese. Soprattutto nel giorno e mezzo tra annuncio ed esecuzione della chiusura, nonostante le raccomandazioni del governo, la reazione popolare è stata simile a quella vista in altri paesi, supermercati vuoti, carta igienica presa d’assalto e pub che organizzavano feste di chiusura per terminare le scorte. Nei giorni successivi, gradualmente, le strade si sono svuotate, e, da qualche settimana, la maggior parte delle persone è in casa e alle 20 si ritrova al balcone per il consueto applauso al personale sanitario.

Iniziava il lock-down umano in salsa belga. I toni sono rimasti sempre cauti e pacati e le misure sembrano pensate in modo da garantire meno contatto possibile tra le persone, ma senza dimenticare necessità di fare movimento e socializzare, con attenzione a chi vive solo. Per ora, sembrerebbe che questo approccio non stia creando un picco di contagi, come noi italiani saremmo stati tutti pronti a scommettere. In compenso, c’è meno paura di incorrere nella denuncia del vicino quando si mette il naso fuori casa.

Il belga non è minacciato nei suoi tratti identitari. Nonostante la limitazioni dei ristoranti, le 5000 friggitorie sparse in tutto il paese non hanno dovuto chiudere, visto che sono take-away (anche se molti hanno deciso autonomamente di farlo). Molti birrifici locali si stanno organizzando con sistemi di distribuzione di cartoni di birre porta a porta.

L’autocertificazione in Belgio non è necessaria, ma soprattutto, il governo incoraggia l’attività sportiva. Non solo si può, ma proprio si dovrebbe! Questo elemento non può non saltare all’occhio dell’italiano abituato a settimane di diatribe sui social sul diritto all’esistenza dei famigerati runners. Ma non solo il runner qui può correre, può anche farlo in compagnia! L’attività sportiva si può fare con un membro della famiglia che viva sotto lo stesso tetto, o con un amico (sempre lo stesso dice il testo, ma non è chiaro come lo possano controllare), a distanza di un metro e mezzo. Col bel tempo, poi, sono arrivate anche nuove comunicazioni, dal Consiglio di Sicurezza Nazionale, a tema barbecue. Il portavoce dice: è chiaro che vorrete fare pic-nic con questo bel tempo, ed è chiaro che potete farli! Ma non nei parchi, e solo con persone che vivono sotto lo stesso tetto. Qualche multa è prevista, in caso di assembramento, per gli imprenditori che mettono a rischio i dipendenti e per chi sputa per terra, se colto in flarante, per lo meno a Bruxelles.

Scorcio dalla capitale. Le nuvole hanno abbandonato il cielo allo scoccare della prima ordinanza di lock-down e non sono quasi più tornate, il che non è usuale visto che come sanno tutti qui piove sempre. La città ha continuato a vivere, anche se ad un ritmo più lento. Per strada, ciò che colpisce è il silenzio, si vedono poche automobili, qualche autobus vuoto e molte bici. Le strade sono piuttosto animate, le persone camminano sole, in gruppi di due. C’è anche qualche famiglia e di fronte ai piccoli alimentari agli angoli delle strade a volte qualcuno chiacchiera, come davanti ai bar chiusi, molti fanno sport, e qualcuno fa ironia.

L’italiano in Belgio invece, si organizza. Il gruppo Facebook italiani a Bruxelles, con i suoi oltre 30.000 membri offre possibilità di offrirsi volontari per aiutare persone in difficoltà, e di acquistare moltissimi prodotti italiani direttamente dai banchi del mercato che normalmente si troverebbero nelle piazze principali della città. Alcuni ristoranti e gastronomie offrono consegna di piatti tipici, tra le quali lasagne e parmigiana svettano incontrastate, mentre il Circolo Arci di Bruxelles propone cineforum e presentazioni di libri virtuali.

In compenso il Belgio può anche vantare il primo caso di gatto positivo al Covid-19, come segnalato dalla  facoltà veterinaria di Liegi. Il gatto sarebbe stato contagiato dal padrone, con cui era in isolamento. Per evitare allarmismi e abbandoni, il centro interfederale di crisi ha immediatamente specificato che si tratta di un caso isolato, e che la possibilità di contagio da animale domestico a umano è esclusa.

A proposito di curiosità, uno dei protagonisti di questa crisi è l’attuale ministra (federale) della sanità, Maggie De Block, o Super Maggie per i suoi detrattori. A dirla tutta, visto che siamo in Belgio, la sua responsabilità è limitata, essendo la competenza divisa tra 9 ministri diversi. In ogni caso, Maggie, è una politica dalla lunga carriera e di stampo tatcheriano, sostiene tagli ed efficienza economica del settore sanitario ed per il più volte fallito acquisto di mascherine protettive, che si aggiunge alla distruzione alla fine dello scorso anno, di mascherine fttp2 scadute e mai rimpiazzate, che sarebbero state molto utili in queste settimane.