TFF OFF 2015 / Recensione

Ya tayr el tayer – The idol

Ya tayr el tayer – The idol

Hany Abu-Assad – 2015
100’
UK/Palestina/Qatar/Olanda
Festa mobile

Diventeremo famosi e cambieremo il mondo. Questo motto, che Nour rivolge a Mohammed per convincerlo del proprio talento, è la frase emblematica del film. Ciò che si racconta, è la storia di Mohammed Assaf, vincitore nel 2013 di Arab Idol (la versione araba del famoso talent musicale). Il film inizia dall’infanzia del protagonista, che condivide la passione per la musica con gli amici Ahmad e Omar e la sorella Nour, con la quale sogna di formare una band ed esibirsi all’Opera Hall de Il Cairo. È proprio la sorella a intuire il talento del fratello e a persuadere il gruppo a impegnarsi a fondo per ottenere gli strumenti musicali di cui hanno bisogno. Ciò che per ogni bambino nato in Occidente è realizzabile, a Gaza diventa irraggiungibile (o quasi!). Macerie, povertà, isolamento e contrabbando sono gli aspetti con cui i personaggi (e anche lo spettatore) devono misurarsi. Nonostante ciò, il film non si sofferma sulle rivendicazioni di una parte o dell’altra. La violenza del conflitto rimane sullo sfondo, come uno stato di fatto a cui le persone sono rassegnate. In questa prima parte del film, il punto di vista scelto è quello dei bambini: l’infanzia è l’età in cui i sogni sembrano reali e realizzabili. “I sogni sono tutto quello che una persona ha, non bisogna lasciarseli portare via”: è uno dei consigli che il maestro di canto della scuola UNRWA dà a Mohammed. Un altro aspetto che risalta è l’ironia, con cui i bambini affrontano la realtà e che permette loro di escogitare soluzioni per realizzare i propri desideri. Infatti, i bambini non si arrendono al blocco alla Striscia di Gaza e tramite simpatici espedienti (prima rivolgendosi a un contrabbandiere, poi trovando impiego in una moschea) riescono a procurarsi il denaro necessario per acquistare gli strumenti. La realtà, però, sembra avere, comunque, la meglio e la sua accettazione coincide con la fine dell’infanzia e dei sogni: la morte di Nour, dopo una lunga malattia, segna profondamente il protagonista, il quale rompe la chitarra della sorella e abbandona la musica. Il trauma è forte e il regista, con uno stacco, fa un balzo in avanti nel tempo. Mohammed, adesso ventenne, per pagarsi gli studi all’università, guida un taxi tra le macerie della città. Ahmad, invece, lavora al confine con l’Egitto come fattorino per i contrabbandieri, attraverso i tunnel. Omar è diventato un militante di Hamas. L’insostenibilità della situazione in cui vive e l’incontro con un’amica di infanzia conosciuta ai tempi della degenza della sorella, danno a Mohammed il coraggio e lo slancio per riprendere in mano la propria vita. Decide, allora, di partecipare alle selezioni di Arab Idol che si tengono a Il Cairo. Grazie agli amici di un tempo, riesce a eludere i controlli alla frontiera con l’Egitto e a scavalcare i divieti a partecipare al programma di Hamas. Arrivato a Il Cairo, trova, grazie alla generosità di un concorrente che rimane impressionato dalla sua voce, la possibilità di ottenere l’agognato biglietto per poter partecipare alla selezione. Mohammed vince Arab Idol. Nelle strade di Ramallah, sulle note di Al Keffiyeh, si riversano milioni di Palestinesi, per festeggiare. È il primo rifugiato a partecipare e vincere questa competizione. La sua è la vittoria di tutto un popolo oppresso dalla guerra: ha dimostrato al suo popolo che è possibile desiderare, sperare di vivere la propria esistenza e che la guerra non è l’unica realtà. La sua vittoria è un atto di resistenza: la sua immagine, lontana dagli stereotipi con cui sono raffigurati i giovani di Gaza, ha riacceso l’attenzione su ciò che sta avvenendo in una parte del mondo, in cui le persone non hanno la possibilità di vivere liberamente e si vedono condannate a una guerra senza fine.
È un film commovente, che racconta con ironia una realtà difficile, invitando a riflettere, al di là delle rivendicazioni delle parti, sulla banalità di ogni conflitto.

Davide Piero Mercaldo