TFF OFF 2011 / Recensione

388 Arletta avenue

388 Arletta avenue

(di Simone Traversa) Randall Cole, il regista, ha presentato la sua pellicola sostenendo che il motore della sua immaginazione è stata l’epifania, giunta a seguito di spiacevoli incidenti, con la quale è giunto alla conclusione che, ciò che per qualcuno può essere terribile, per altri può essere divertente.

Alla fine del film mi sono chiesto chi cazzo mai lo potrebbe trovare divertente. Ora, che scrivo, mi sono reso conto che anch’io, come immagino molti altri spettatori, sono stato obnubilato da una forma di “narcisismo capronesco”, credendo che i referenti del discorso del regista fossero rispettivamente, il protagonista del film e il pubblico.

In realtà, il secondo referente credo fosse l’uomo misterioso, il quale è il responsabile e, in fin dei conti, il vero creatore del film. Se non ci fosse quest’uomo misterioso, che posiziona telecamere e si diverte a torturare, senza nessuna ragione, gli abitanti di una casa, non esisterebbe il film.

Qui è forse rintracciabile una possibile increspatura filosofica: tutti i film sembrano lavorare in condizioni ideali, non si prende (salvo rare eccezioni) mai in considerazione il fatto che un film è un po’ come un esperimento scientifico: l’osservazione determina il risultato. Più o meno il paradosso di Schrödinger. Ma come nel paradosso di Schrödinger deve esserci qualcuno che ficchi il gatto nella scatola con il contatore geiger e la fialetta di cianuro, ugualmente nel film deve esserci qualcuno che getti i protagonisti in una situazione di crisi.

Insomma, senza un intervento diretto da parte dello scienziato/regista, non si ha l’esperimento/film.

E infatti il film sembra avanzare per tappe. L’uomo misterioso che posizione le telecamere e segue il protagonista, all’inizio, non sembra intenzionato a fare nulla di eclatante, si limita a mettergli della musica datata nel computer e masterizzargli dei cd, e scherzetti stupidi del genere. Poi gli scherzi cominciano a farsi pesanti.

In teoria il film mi è piaciuto, ci sono aspetti che forse non reggono troppo, ma che sono disposto a concedere per la buona riuscita del tutto.

Quello che non mi ha convinto un granché è stato il finale. Ma qui non lo dirò, mi limito a proporne uno alternativo.

Cole avrebbe potuto giocare sui due tipi di riprese su cui si muove il film: ovvero, abbiamo riprese statiche, di telecamere nascoste dall’uomo misterioso, in punti strategici, come il condotto di areazione dell’auto, piuttosto che angoli bui della casa, piuttosto che l’ufficio del protagonista, e poi abbiamo una telecamera mobile, tenuta in mano direttamente dall’uomo misterioso, di cui sentiamo il respiro affannato, e notiamo il suo continuo zoommare e mettere a fuoco.

Ecco come si svolgono le mie scene finali:

James, il protagonista, è tornato su dalla cantina dove ha visto qualcosa che lo ha sconvolto, si appoggia al tavolo della cucina: noi lo vediamo da un telecamere che riprende la porta della cantina aperta e ¾ della stanza. James urla, si guarda attorno, ha una pistola in mano. L’inquadratura cambia, ora c’è l’uomo affannato che è nella sua macchina e sta riprendendo la porta di ingresso della casa: sentiamo il rumore dei tasti di un cellulare. Di nuovo cambio, sempre all’interno della casa, da un’altra telecamera: vediamo James che sta andando su verso la sua camera da letto per rispondere al telefono che suona. Molteplici cambi di inquadratura finché James non prende il telefono in mano. Cambio inquadratura nell’auto, sentiamo il respiro affannato e il “tu tu” di un telefono. Cambio inquadratura: dentro casa James prende il telefono lo guarda, e poi sentiamo uno “Stoooooop!” a questo punto vediamo tecnici, operatori, regista, aiuto regista, segretario di scena, costumista, truccatori, assistente alla regia, sceneggiatori, attori, idraulici, parenti entrare in scena e abbracciarsi e complimentarsi per la fine delle riprese, sentiamo dei “Good job!” o dei “Well done!” o dei “Oh my gosh!” o dei “Yeah yeah, crazy man, crazy dude!” e roba del genere, sentiamo il telefono suonare ancora.

L’ultima scena proviene dall’auto, dove l’uomo misterioso ancora riprende e ancora ansima e ancora non ha staccato la telefonata.