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Altera alla 25° edizione del Festival del cinema Africano, d’Asia e America Latina

Altera alla 25° edizione del Festival del cinema Africano, d’Asia e America Latina

“Quanto vale la vita di una giovane donna in Cambogia oggi? Dai 5 ai 100 dollari”. A rispondere è Guillaume Suon, giovane regista franco-cambogiano presente in sala alla proiezione del suo bellissimo The Storm Makers: ceux qui amènent la tempête, documentario vincitore del Concorso Lungometraggi della 25° edizione del Festival del cinema Africano, d’Asia e America Latina.

La rassegna, organizzata e promossa dall’associazione COE – Centro Orientamento Educativo, si è svolta a Milano dal 4 al 10 maggio e ha visto in programma circa 60 film e una serie di eventi collaterali, quali mostre, degustazioni, incontri, il tutto dedicato alla conoscenza delle cinematografie, delle realtà e delle culture dei paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’America Latina.

5 le sezioni: Concorso Lungometraggi, Concorso Cortometraggi Africani, Concorso Extr’A dedicato ai film di registi italiani a confronto con le culture dei tre continenti o con le tematiche dell’immigrazione, Sezione Flash che raccoglie i film/evento del Festival, Films that Feed sezione dedicata alle tematiche dell’Expo 2015 che propone una selezione di film e incontri sulle sfide dell’alimentazione e della sostenibilità, giunta alla sua terza edizione.

Vincitore del premio come miglior lungometraggio Finestre sul mondo il già citato The Storm Makers: ceux qui amènent la tempête di Guillaume Suon, toccante testimonianza del tragico destino di cui sono vittime migliaia di giovani cambogiane, vendute come schiave nei Paesi ricchi del sud-est asiatico dalle famiglie stesse, che cercano in questo modo di uscire da drammatiche condizioni di povertà. I trafficanti e procacciatori/procacciatrici sono chiamati “coloro che portano la tempesta” e nel film seguiamo due di loro: un affabulatore cambogiano convertito al cattolicesimo e una donna che, dopo aver venduto la figlia, si aggira per il villaggio in cerca di ragazze per un guadagno di 5$ “al pezzo”.

Il premio come miglior lungometraggio africano va a Le Challat de Tunis di Kaouther Ben Hania, un divertente mokumentary – anche se a tratti confondente, soprattutto tenendo conto dell’età media della sala, meno avvezza a tali dispositivi cinematografici – capace di far riflettere sulla condizione delle donne nel mondo arabo, sulle violenze e sui pregiudizi di cui sono vittime.

E’ 4 Avril 1968 della regista Myriam Gharbi il miglior cortometraggio africano: come suggerisce il titolo, data dell’omicidio di Martin Luther King, il film tratta della lotta per i diritti civili attraverso l’incontro tra una bambina di Guadalupa e due Black Panthers rifugiati sull’isola. Come ci ricordano le motivazioni della giuria “(il) racconto (…) riesce a essere anche di grande attualità, visto il riaccendersi delle tensioni razziali negli Stati Uniti in questi mesi, e ci ricorda che l’esperienza di Martin Luther King è sempre viva e necessaria”.

Per la sezione Extr’A si aggiudica il premio il film Looking for Kadija di Francesco G. Raganato, un viaggio nella moderna Eritrea per conoscere la realtà dell’ex-colonia italiana che mette in luce le contraddizioni di un complicato processo di colonizzazione, prima, e di decolonizzazione, poi.

Infine, il film più votato dal pubblico è Letters from Al Yarmouk di Rashid Masharawi, documentario che ci mostra le terribili condizioni del campo profughi palestinese Al Yarmouk in Siria, attraverso i filmati, le fotografie e le conversazioni via Skype con il regista di Niraz Saeed, giovane fotografo che vive dentro il campo. Rashid Masharawi si chiede che cosa può fare un regista – e il cinema – di fronte a una realtà simile. La vittoria del premio del pubblico può essere una prima e parziale risposta, ossia sensibilizzare e far conoscere una situazione definita nell’aprile del 2015 dal Commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati “oltre il disumano”, con la speranza che il coinvolgimento non rimanga circoscritto alla sala cinematografica.

Dai cowboy metallari del Botswana (The march of Gods. Botswana Metalhead di Raffaele Mosca), alle realtà degli orti urbani in giro per il mondo (Plant this movie di Karney Hatch), passando per la crisi di una coppia haitiana fino a quel momento privilegiata, costretta a fare i conti con le drammatiche contraddizioni della società haitiana post terremoto (Meurtre à Pacot di Raoul Peck), la crisi di vocazione di un monaco buddista (The Monk di The Maw Naing) fino alla descrizione della vita nel villaggio di Zooti in Togo (Il mare di Guido Nicolas Zingari), il Festival, unico in Italia nel suo genere, si è dimostrato essere un’imperdibile occasione per conoscere la cinematografia e le realtà, non sempre facilmente accessibili, dei paesi di Africa, Asia e America Latina.

Per una lista completa di tutti i premi della 25° edizione si rimanda al link:

www.festivalcinemaafricano.org/new/2015/05/i-vincitori-del-25-festival-del-cinema-africano-dasia-e-america-latina/

Chiara Pellegrini

Altera Cultura