TFF OFF 2011 / Recensione

Fireworks

Fireworks

(di Francesco Migliaccio)

Pyrotechnique non moins que métaphysique, ce point de vue; mais un feu d’artifice, à la hauteur et à l’exemple de la pensée, épanouit la réjouissance idéale.

S. Mallarmé

Immagina, come sarebbe Taranto senza i fumi e le ciminiere dell’Ilva?

Quattro ragazzi, quattro lingue. Il francese mescolato con le onde dell’Atlantico settentrionale, l’inflessione greca, il dialetto tarantino e la rabbia delle parole palestinesi. Le voci del Mediterraneo si scontrano e scoprono di intonare una melodia in comune: quella della rivolta, dell’ansia di rovesciare il mondo. A Taranto, dove la diossina dell’Ilva si scioglie nel vento e la costa è soffocata dal cemento e dalle basi militari.

Fireworks è un corto di desideri rivoluzionari e di fuochi artificiali. Il fuoco d’artificio esplode e lascia vivere per qualche attimo un’immagine di luce, lacerando l’oscurità della notte; il gesto sovversivo esplode inaspettato e apre un piccolo pertugio nella densità della realtà. I quattro protagonisti realizzano il loro piano a Capodanno – la notte dei fuochi – mentre il cielo brilla di illuminazioni. A mezzanotte le esplosioni e i botti dischiudono il desiderio utopico: immagina di guardare Taranto senza ciminiere, immagina se l’acciaieria crollasse negli scoppi di luce.

Ma non basta. Fireworks non si limita a creare una Taranto che non c’è (ancora) e mentre scorrono i titoli di coda ho l’impressione che un’energia insolita si sia sprigionata dallo schermo: non tutto si esaurisce nell’immagine-sogno della sequenza conclusiva. Il dialogo con Abruzzese nello spazio del TFF OFF ha lasciato emergere alla superficie del pensiero le impressioni immediate nate durante la visione.

Fra la finzione del discorso filmico e la rottura utopica del finale esiste un qualcosa in più: una presenza insolita – un campo energetico – che si insinua nelle movenze dei personaggi, nelle inquadrature, nelle intonazioni dei dialoghi. Vorrei dare un nome a questo qualcosa: propongo reale politico. La finzione in certi segmenti di girato diventa così densa da materializzare un reale politico e questo reale – che nulla ha da spartire con la realtà – prepara la promessa pirotecnica della conclusione.

Nelle scene iniziali fluisce una ripresa aerea dell’Ilva. L’Ilva sullo schermo non è la stessa Ilva del nostro mondo: lo statuto finzionale priva l’immagine di una referenzialità diretta e quanto si vede non è del tutto conforme alla realtà e appartiene a un mondo un po’ distante dal nostro. Si apre uno scarto fra la storia possibile e il mondo in cui viviamo; in questo scarto sta l’origine di ogni pulsione utopica. La sperimentazione di Fireworks, tuttavia, si spinge ancora più in là: è a questo punto che il reale politico emerge. Abruzzese ci ha raccontato che volare nei cieli di Taranto – città a forte concentrazione militare – non è semplice e molte zone sono coperte dal segreto di Stato. La sequenza aerea è stata strappata alle leggi: l’elicottero ha deviato dalla rotta consentita per consegnare alla pellicola un oggetto proibito. Fireworks cattura un’immagine dell’in-immaginabile e la finzione acquisisce un potere insolito. L’energia dell’in-immaginabile non resta rinchiusa nel mondo possibile della narrazione e si rovescia perturbante nel qui e ora; l’immagine impossibile è un’infrazione delle leggi e dei divieti militari del nostro mondo e produce un evento-sovversione in grado di incrinare il sistema reale di controllo e di repressione delle immagini. Mondo finzionale e gesto politico convivono e si riflettono uno nell’altro: l’immagine proibita sta lì, sottratta al potere, e incarna il reale politico.

Un’altra sequenza è girata su una spiaggia vicino allo stabilimento industriale, durante il tramonto. I quattro ragazzi indossano una tuta da sub e si immergono in acqua. La gestualità dei corpi testimonia un’energia particolare, una forza emergente. Abruzzese ricorda la situazione in cui la scena fu catturata: il sole stava per scomparire del tutto e dietro la macchina da presa i militari facevano pressioni alla troupe perché mancavano le autorizzazioni necessarie a girare. Gli attori avevano una sola prova a disposizione e hanno dovuto recitare sotto gli occhi attenti dei militari. Rimane in quelle movenze il resto di una performance, l’incrostazione di un atto giocato nell’immediatezza e nell’emergenza di un attimo irripetibile. Il corpo dell’attore sotto pressione trasforma la recitazione in performance, la finzione in condizione di vita (agire-davanti-al-controllo-dei-soldati): il reale politico di quelle immagini è un di più, integra il normale racconto e allo stesso tempo lo supera. Quei corpi si stavano giocando davvero il tutto per tutto un attimo prima che la legge militare fosse ripristinata.

Fireworks è un esperimento utopico capace di coniugare la finzione con il reale politico, la lacerazione dei possibili con un movimento energetico reale, pressante e immediato. La realtà riceve due scacchi allo stesso tempo: è rovesciata dallo specchio della finzione, è incrinata dalla costante e ostinata sovversione delle immagini proibite e delle performance vitali.

La scoperta più intensa di questo Festival.