TFF OFF 2012 / Recensione

O que arde cura

O que arde cura

Sezione TFF2012: Festa mobile

Categoria TFFOFF: 50 sfumature di sfiga

30 minuti che bruciano, quelli di o que arde cura (quello che brucia, cura, modo di dire portoghese utilizzato quando si passa l’alcol sulle ferite).
Le fonti filologiche di questo piccolo gioiello lusitano sono da ricercare nel monologo di Cocteau, già trasportato in pellicola da Rossellini, affidando la recitazione alla Magnani, e da Kotcheff, che affida il ruolo di protagonista alla Bergman. L’idea di proiettarli tutti e tre in successione è una di quelle cose che ti fanno amare questo festival, anche se l’eterno dibattito Magnani vs Bergman che ha seguito la proiezione ha tolto ingiustamente spazio alla novità del corto di Joao Rui Guerra da Mata.

Guerra da Mata, fedele al soggetto di Cocteau, fa interpretare il monologo a Joao pedro Rodigues (né Rossellini né Kotcheff si erano sentiti di cimentarsi con un testo esplicitamente omosessuale) e ambienta la storia a Lisbona,l 25 agosto 1988.

Joao riceve una chiamata. I quartieri Baixa e Chiado di Lisbona stanno bruciando, mentre inizia il dialogo, di cui noi sentiremo sempre solo una voce, tra due ex amanti. Vivono uno di fronte all’altro e possono vedersi dalla finestra, ma non si parlano da quando la loro storia è finita. I tre anni passati insieme bruciano ancora, i dialoghi sono stupendi e le immagini del telegiornale (immagini di archivio, assolutamente originali) sono l’occasione per commentare i luoghi di una storia che ancora non si è spenta.
Tra le fiamme, proiettate sul corpo stesso del protagonista, si parlerà di tutto e niente, di viaggi e luoghi, di partire e tornare. E di amore, certo.

Tanto più un incendio sprigiona il massimo della sua furia, tanto più il suo destino non può essere che spegnersi.

Una libertà storica che sono contento che il regista si sia preso: alla fine della chiamata Joao mette su un vinile. parte “Wilhelm scream”, il brano più cinematografico di James Blake. L’incendio è domato. We are fallin’, fallin’, fallin’…

Roberto Origliasso