TFF OFF 2017 VII edizione / Recensione

What happened to Monday / Seven sisters

What happened to Monday / Seven sisters

Tommy Wirkola

123′

UK/Francia/Belgio/USA – 2017

Festa mobile

Anno 2073. Il mondo, in preda a una esagerata sovrappopolazione che rischia di mettere a repentaglio la sopravvivenza dell’intera specie umana, mette a punto delle colture OGM che risolvono la scarsità alimentare ma causano un aumento drastico dei parti plurigemellari. Quella che doveva essere la soluzione finisce dunque per alimentare il problema, così i governi si trovano a dover mettere in atto una severissima politica del figlio unico, la quale prevede la presa in custodia e l’induzione ad un sonno criogenico di ogni secondogenito. Le sette gemelle Settman vengono sottratte a questo destino dal nonno, che le nasconde e le cresce permettendo loro di uscire un giorno alla settimana, quello di cui portano il nome. Ma un giorno una delle ragazze, Lunedì, non torna a casa e le sorelle realizzano che la vita di tutte loro è in pericolo.

Ottima premessa, pessima esecuzione. L’interesse destato dal tema va scemando sin dal principio, man mano che la narrazione proseguendo rende chiaro che corse e sparatorie la faranno da padrone per il resto della pellicola.

Una delle grandi delusioni è sicuramente la caratterizzazione dei personaggi, a cominciare delle gemelle, tutte diverse ma anche tutte stereotipate: la nerd, la ribelle, la sexy, la bacchettona. Poche sfumature caratteriali. Noomi Rapace risulta in grado di tenere la scena , ma soltanto durante le sequenze d’azione.

Perché il medico non abbia denunciato subito le bambine, appena nate, rimane un mistero che non è dato scoprire. Il fidato agente della dottoressa Cayman, l’ideatrice della legge del figlio unico, non è altri che un feroce segugio senza idee o emozioni che trotta per tutta la città alla caccia delle povere e disgraziate ragazze.Assurdo l-atteggiamento della polizia, che non esita a sparare sulla folla disarmata o a freddare senza motivo un portiere semplicemente seduto alla sua scrivania. D’altra parte ci troviamo in una apparente democrazia (anche se la forma di ordinamento statale non viene mai specificata) in cui una persona, pur non facendo parte di alcun organo governativo, riesce a convincere le forze politiche ad eliminare materialmente ogni bambino in più.

La colonna sonora sembra in alcuni momenti cercare di emulare le musiche di Zimmer. Superfluo dire che il tentativo fallisce miseramente.

Uno dei pochi aspetti positivi del film sta nel fatto che il futuro rappresentato non appare “eccessivamente futuristico”: non ci sono macchine volanti o aggeggi supertecnologici alla Ritorno al Futuro né teletrasporti e veicoli che vanno alla velocità della luce. Quasi tutti gli oggetti più avanzati sono verosimilmente immaginabili tra sessant-anni, cioè il periodo in cui è ambientata la pellicola.

Alla fine della fiera, un’altra storia distopica con del potenziale enorme che viene sciupata dall’amore americano per sparatorie, esplosioni, sangue e intrighi. Un gran peccato.

Valentina Granaglia