TFF OFF 2012 / Recensione

Chained

Chained

Categoria TFF: Rapporto confidenziale.

Categoria TFF OFF: 50 sfumature di sfiga.

La primissima proiezione del TFF, come da tradizione, è anche quest’anno dedicata alla sezione del festival “Rapporto confidenziale”, che, contrariamente alla norma, non presenta la retrospettiva su un autore vivente poco noto al grande pubblico(l’anno scorso ci erano state regalate grandi emozioni con Sion Sono) ma ci regala 18 film inediti sul tema “Ossessioni e possessioni”.

Dunque chi meglio della figlia di David Lynch poteva prendersi l’onere di dare il via ad una rassegna con questo fil rouge?

Il terzo film della giovane Jennifer Lynch ci porta nelle terribili ossessioni del maniaco Bob, taxista di professione e maniaco omicida nel tempo libero, tramite gli occhi del giovane Rabbit che viene rapito una sera assieme a sua madre e che resterà incatenato al tavolo di Bob per lunghi, interminabili anni.

L’angoscia pervade lo spettatore per tutta la prima parte del film, gli abusi subiti prima dalla madre e poi dal figlio ci vengono raccontati con ritmo serrato e claustrofobico, sempre imprigionati tra le squallide 4 mura della casa di Bob ma, oltre a schockare il pubblico, l’intento principale della Lynch è quello di imbastire una profonda storia sul morboso legame che piano piano si instaura tra il manico e il piccolo Rabbit.

Bob, privando Rabbit della madre, della propria identità,(Rabbit è il nome che gli affibbia Bob subito dopo il rapimento) gli si impone come unico rapporto con il mondo, oltre a farne il suo schiavo, vuole diventarne il mentore: lo fa studiare con l’obbiettivo di formarlo come suo successore nel macabro “lavoro” del maniaco.

Le ribellioni di Rabbit vengono ben presto sedate lasciando spazio alla rassegnazione, all’arrendevolezza e addirittura al ringraziamento nei confronti del suo aguzzino.

Più che tutte le torture, le grida, il sangue e le umiliazioni alle quali è costretto ciò che più strugge è il sentirlo ringraziare con sincerità il suo persecutore.

Il grande merito del film della Lynch sta proprio nel racconto di questo rapporto e nel farci ragionare, sopratutto tramite i flash back di Bob, su come gli abusi sui minori instaurino una sorta di catena infrangibili di ossessione e dolore.

Proprio sul più bello però è la stessa Lynch a rompere quella catena che si credeva infrangibile con una serie di telefonatissimi colpi di scena.

Peccato davvero per la mezz’ora finale del film, dove penso che la Lynch abbia perso l’occasione per firmare un piccolo gioiello, purtroppo non ha avuto il coraggio di concludere nella maniera più coraggiosa quanto di buono visto in precedenza preferendo dei canonici colpi di scena per concludere la vicenda.

Nicola Forno