TFF OFF 2012 / Recensione

Arthur Newman

Arthur Newman

Sezione TFF: Torino 30

Categoria TFF OFF: 50 sfumature di sfiga.

Lo confesso: avevo segnato questo tra i film che mi interessava vedere ma una volta in sala mi ero completamente dimenticata di cosa avevo letto trattasse. Non so se vi è mai capitato. A me durante il TFF capita spesso ma non mi dispiace: amplifica l’effetto sorpresa del vedere un nuovo film. Così, quando all’inizio ho visto il protagonista (Colin Firth) andare da un tizio dall’aria poco raccomandabile a comprare dei documenti falsi intestati a Arthur J. Newman (“a real human being”, come sottolinea il tizio poco raccomandabile), ho pensato fosse un film di spionaggio.

E invece no. Arthur J. Uomonuovo è la nuova identità acquistata da Wallace, un uomo deluso dalla propria vita e in cerca di una seconda possibilità via dalla Florida, lontano dalla moglie che anni prima lo ha lasciato e che ora cresce il loro unico figlio, e lontano dalla nuova fidanzata. Nei suoi piani, il riscatto dovrebbe arrivare grazie alla sua nuova carriera di maestro di golf a Terre Haute, in Indiana, dove c’è il centro sportivo di un uomo che ha incontrato un anno prima. Però le cose, nel film come nella realtà, non vanno come le si programma. Wallace/Arthur prima incontra una giovane donna a sua volta in fuga dalla propria vita disgraziata (Michaela detta Mike, che poi si scopre chiamarsi davvero Catherine), che si unisce al suo viaggio dalla Florida all’Indiana. Con lei condivide fantasie ambientate di volta in volta nelle vite di altre coppie incontrare per la strada e che i due via via impersonano, talvolta dando vita a scene comiche, altre a situazioni “piccanti” che non mancano di suscitare ilarità tra la platea. Poi, il suo progetto di carriera nel mondo del golf va in frantumi e Wallace/ Arthur si rende conto di quanto desideri ciò che inizialmente aveva pensato di abbandonare per sempre: suo figlio.

Nonostante la bravura di Colin Firth e Emily Blunt (Michaela/ Catherine), ho trovato il film di Dante Ariola a tratti un po’ noioso. Il finale molto “da film americano” secondo me non lo aiuta.

Sara Minucci