TFF OFF 2011 / Recensione

Hi-So

Hi-So

(di Francesco Migliaccio)

Ananda e May sono sulla terrazza di un palazzo di Bangkok quando la giornata sta per finire. I grattacieli si sfidano in altezza mentre i due giovani osservano l’orizzonte che non c’è più, abbracciati. “Quando ero bambino – dice Ananda – gli edifici erano molto più bassi”. “È un tramonto bellissimo” risponde May, la ragazza. La luce della sera che avanza si protende in alto nel cielo, il sole è da qualche parte oltre il cemento di Bangkok e non si può vedere. Alcuni palazzi portano i segni dello tsunami e i cumuli di macerie assediano anche il quartiere ricco dei due giovani protagonisti.

Eppure Hi-So non è un film di conflitto e tutte le opposizioni possibili (la natura contro il cemento, la ricchezza contro il disastro naturale, il passato perso contro il presente) sono risolte nella trasparenza dell’immagine. L’immagine è sempre limpida e lucida: si vede tutto nella Thailandia di Hi-So e non ci sono ombre, né intermittenze – la sovraesposizione dello spettacolo ha raggiunto ogni angolo del mondo, ormai. Il giovane protagonista, Ananda, è un attore sulla via del successo, il suo volto si rifrange nei televisori della cabina di regia, appare ad alta risoluzione davanti ai nostri occhi, è riflesso dalle luci delle discoteche in cui passa le serate. Le sue donne vivono adagiate ai bordi della piscina, in alberghi deserti che non aspettano altro che l’alta stagione.

Le macerie dello tsunami non fanno memoria e si armonizzano in un paesaggio in cui tutto brilla troppo per dischiudere un accenno di resistenza, per suggerire una prima domanda. La memoria esiste soltanto come tema del film interpretato da Ananda: egli impersona un sopravvissuto senza ricordi alla devastazione thailandese del 2004. Il giovane dentro il film riscopre il tempo trascorso negli oggetti ritrovati del suo passato. La profondità del tempo può vivere solo nello spettacolo del cinema: quando le camere si spengono Anande lancia annoiato i sassi nel laghetto. Non c’è nient’altro da fare, la memoria richiede una profondità storica che la nuova epoca mondiale ci ha sottratto.

Anande legge il suo copione thailandese (vi emergono parole sulla memoria fotografica, sul ricordo scaturito dagli oggetti) ma la sua ragazza australiana è solo interessata al suono di una lingua sconosciuta che sorge dalla gola dell’uomo amato. Anande legge un giornale in inglese, ma la sua ragazza thailandese non coglie le notizie della crisi economica mondiale: conta di nuovo il fascino di una lingua straniera incomprensibile.

Dallo skyline di New York a quello di Bangkok un brusio di voci senza più significato e un cumulo di immagini nitide senza più forza si sollevano e ricoprono un mondo dove non resta che ardere i rottami accumulati dall’onda anomala. Come fa un bambino povero – brucia i resti dentro un bidone abbandonato sul ciglio della strada.